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Il culto misterioso del vescovo di Myra*S.Nicola

Ultimo Aggiornamento: 09/08/2017 18:50
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09/08/2017 18:50
 
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di Vincenzo Battista - La neve, quell'anno del sei dicembre, aveva coperto le strade cordonate, le piazze e gli slarghi del paese di Castel del Monte, fino ad ammassarsi sulle porte, ricoprirle e raggiungere quasi le piccole finestre con le grate in ferro. Da una di queste piccole aperture, un uomo anziano, con la barba, vestito di stracci, bussò al vetro: chiedeva un ricovero e un pezzo di pane che molti, nel paese, gli avevano negato. La porta, a fatica, venne aperta da una donna e un bambino di sei anni. L'uomo poi entrò e prima di coricarsi a fianco del camino, la madre, dalla madia della cucina prese l'unica pagnottella rimasta per sfamare quel vecchio, stanco e taciturno. Narra ancora la leggenda che l'indomani, quando la donna scese in cucina, avvertì subito l'odore di pane sfornato e vide che l'uomo era andato via, ma la fragranza del pane che intanto aveva avvolto la stanza, con l'odore sempre più forte, la portò dritta lla madia e quando sollevò il coperchio in legno vide, all'interno, tre piccoli pani che iniziarono a moltiplicarsi.Dal vicinato tutto il paese accorse per l'evento, per vedere il pane del miracolo, sfamarsi, prendere le panette e portarle a casa nel nome del vecchio San Nicola, modello itinerante di santità, viaggiatore, grande taumaturgo, dall'alto patronato per l'infanzia che aveva attraversato la diffidenza e la povertà del borgo del Gran Sasso. "Come un credito per chi chiede le panette, é come un debito per chi dà il pane" recita e si racconta ancora, con questa formula, il patto popolare, l'alleanza, la solidarietà, che ogni anno si rinnova, da tempo immemorabile, nella piccola comunità di Castel del Monte.






Quando qualcuno bussa alla porta, il sei dicembre, puoi trovarti davanti i "Messaggeri" di Santo Nicola, raccontano invece nel centro di Capitignano, nell'Alto Aterno e nelle sue numerose frazioni. I "Messaggeri" di Santo Nicola, i bambini con le bisacce dietro le spalle, cercano le cacchiette, il pane cerimoniale, il pane propiziatorio preparato la notte prima nei forni del paese, il pane della tradizione, quell'elemosina data attraverso i giovani - narrano - alle anime dei morti che camminano nelle campagne in attesa di essere soddisfatte. Un rituale arcaico dal significato simbolico questo, che guarda il paesaggio, nella convinzione che lì, nella natura e nell'ambiente del territorio, vada nutrita la difesa spirituale dei campi e dei raccolti attraverso il pane appunto: un lascito antico degli anziani, un testamento, un appuntamento calendariale affidato all'infanzia, mediatrice di purezza e innocenza, l'unica in grado di tutelare la comunità locale.








San Nicola, icona russa del primo Settecento. Chiesa della Trasfigurazione, Isola Kiži, Karelia).




Nel polittico di Jacobello del Fiore e aiuti, tempera su tavola (176x170 cm.) della prima metà del XV secolo, conservato nel Museo Nazionale d'Abruzzo - Castello Cinquecentesco sino al terremoto - il Redentore e la Madonna in trono con il Bambino sono figure centrali mentre, nell'ordine inferiore dei due sovrapposti, in basso, un uomo, dall'iconografia dell'oriente greco, i modi bizantini, la veneranda canizie e la foggia insigne, lo sguardo basso e assorto, è rappresentato in abiti vescovili, a capo scoperto, con il pastorale e la mano destra coperta da un guanto, che sembra consegnare, affidare, dare spiritualmente in custodia il libro sacro che non può essere toccato con mano nuda...Il suo nome, inoltre, di origine greca, significa "vittorioso tra il popolo" in virtù del suo patronato, il 6 dicembre (morto in quel giorno di un anno compreso tra il 345 ed il 352) quando San Nicola di Bari diventa dispensatore di doni per tutti i bambini, nell'uso cristiano, popolare, diffuso in molti centri, ma soprattutto la sua festa religiosa si impone come un cuneo profetico nella dimensione dei culti pagani del solstizio d'inverno per spezzare quelli magici esoterici, spazzarli via e cristianizzare il mondo degli idoli, i feticci arcaici, i numi tutelari dell'antichità. Naviganti, pellegrini, pescatori, profumieri, poveri e scolari, su di loro scende la protezione del vescovo di Myra (Asia Minore), Nicola appunto, uno dei santi più popolari della cristianità, tra Oriente e Occidente, tra greci e latini. Le sue fonti, tra testimonianza storiche insufficienti, e una tradizione orale che ha veicolato la vita e i miracoli del vescovo, lo vogliono enigmatico, santo universale, transconfessionale, in grado di catturare la devozione e il culto di migliaia di fedeli in forme, tradizioni, contesti, funzioni e cerimoniali dalla Russia ortodossa ai Paesi del Bacino del Mediterraneo bizantino e multireligioso e all'Olanda protestante, fino ai borghi più estremi dell'Appennino abruzzese, per tornare al monastero di Santa Caterina del Monte Sinai che conserva antichi dipinti su tavola che lo ritraggono. Dal Beato Angelico ad Antonello da Messina; da Lorenzo Lotto e Paolo Veneziano a Tiziano e Tiepolo, la pittura, dopo le icone russe, ha definitivamente trascinato la vita di San Nicola in un'iconografia narrativa che racconta le storie soprannaturali, le gesta del santo taumaturgo dalle gote scavate, dall'aspetto di coraggio e fermezza, che nella trasfigurazione del culto diffuso nel nord Europa, Sanctus Nicolaus, si prestò in origine alla figura di Babbo Natale, il feticcio, tornato, abito rosso e pelliccia, su una slitta trainata da renne del crepuscolo degli abbattuti miti del solstizio d'inverno a favore dell'idolatria e l'eresia, reincarnato, in una sorta di esorcismo; riguadagna la notte dei tempi dei fuochi purificatori della sua capitolazione, il mito arcano, nell'immutabilità attraversa le contrade, dispensa doni ai bambini nell'immaginario collettivo, per tornare, dopo le festività di Natale, in luoghi arcani delle allegorie, enigmatici, incomprensibili, dove non si fanno i miracoli.


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