Dietro le credenze esoterico-alchemiche degli antichi speziali. Nella Farmacia di Santa Fina uno spaccato di conoscenze perdute dall’Alto Medio Evo all’Ottocento.
È accaduto a San Gimignano, bella e turrita cittadina medioevale del Senese, ove a suo tempo un gruppo archeologico locale di appassionati (poi costituitosi nel "Comitato di direzione dei musei civici di San Gimignano"), teso ad attuare un graduale recupero di testimonianze storiche legate all’ambiente cittadino, si era prefisso di realizzare (nel 1980-1981) una mostra dedicata all’esposizione dei vasi dell’antica Spezieria di Santa Fina conservati nel Museo Civico
Parte dei contenitori conservati nei magazzini (soprattutto quelli di vetro), risultavano ancora sigillati e caratterizzati da specifiche indicazioni originali del contenuto (usate fino all’Ottocento, quando la farmacia cessò di funzionare).
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Sui vasi di Santa Fina sono espressamente menzionati 130 medicinali diversi. Di questi 40 sono stati analizzati e le sostanze descritte nelle rispettive indicazioni corrispondono proprio al contenuto e in linea con le ricette degli antichi testi farmaceutici.
Va ricordato che i medicamenti un tempo erano divisi in "semplici" (quelli cioè che - minerali, vegetali o animali che fossero - "spontaneamente e col solo beneficio della natura si producono") e invece "composti" che cioè "si producono con la mescolanza di più semplici" per intervento dell’uomo.
Nell’ambito dei primi sono stati trovati, in particolare, l’avorio e il corno (detti "dente d’apro" e "dente d’avorio", e considerati amuleti), in entrambi i casi, come recita il "Teatro Farmaceutico" del Donzelli, medicamento "casto et geloso ed inimico dell’adulterio" ottimo per il fegato e la sterilità e alla base della confezione di vari preparati dopo la polverizzazione in un mortaio di porfido. Gli "occhi di granchio" erano invece un’antica denominazione del carbonato di calcio ottenuto polverizzando le concrezioni proprie del tubo digerente dell’"Astacus Fluvialis", crostaceo comune nei nostri fiumi. Era utilizzato come antiacido e assorbente, e aveva l’apparenza di una polvere bianca. Poi abbiamo fra i vari minerali il "sale di Marte", il salgemma, l’antimonio ed il cinabro, ben noti agli alchimisti. Moltissime infine le erbe e le sostanze vegetali in uso.
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Fra le piante la più famosa è indubbiamente la famigerata "mandragora", circondata dal mistero fin dall’antichità. Le leggende dicevano che cresceva ai margini dei patiboli e ai piedi degli impiccati, fecondata dal loro sperma secreto per effetto secondario della morte subitanea per strangolamento, e che per questo la sua forma ricorderebbe quella umana, con le radici biforcate simili ad un paio di gambe. Gli erbari medioevali attribuivano poteri prodigiosi a tutte le parti di questa pianta.
«La Spezieria del Convento deve a tutta sua spesa provvedere le monache di tutto quello che si possa manipolare in detta, cioè Sciroppi, Medicine, Solutivi di tutte le sorte, bocconi di Lattovarj, Pillore, tutta la Cassia; Sciarappa, Regina di Sciarappa, Diagridi, Tartaro Vetriolato, Acqua del Tettuccio, numero otto Vescicatori, Spirito di Vetriolo, Cremor di Tartaro e così simili».