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I Simboli del Medioevo, la rosa

Ultimo Aggiornamento: 26/08/2017 17:30
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26/08/2017 17:25
 
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Nella ricchissima simbologia medievale la Rosa ha un ruolo di primo piano, tanti erano i significati esoterici o popolari, religiosi o letterari che era chiamata ad incarnare in un intreccio semantico di variabili quali forma, colore, profumo, numero dei petali, presenza di spine. Già nella cultura classica era il corrispondente occidentale dell'asiatico fiore del Loto, entrambi associati per forma alla Ruota, simbolo esoterico tra i più importanti e complessi in tutte le culture del mondo conosciuto. Nell'antico Egitto la Rosa era il fiore consacrato ad Iside, dea della rinascita e personificazione della Natura, del pari era sacro ad Afrodite dea dell'eros e della rigenerazione nel pantheon greco e in quello romano. Proprio da Chartres, contemporaneamente all'evolvere della nuova filosofia della Natura, supportata dalla rilettura di testi dell'antichità classica e della cultura araba, prende il via il processo di trasformazione dei culti pagani della Natura-Grande Madre e allegoria della Femminilità Generatrice, in quello della Vergine, Madre di Dio, ma anche Madre Misericordiosa per tutti gli uomini. Questa traduzione dell'Amore Profano in Amor Sacro ne trasferisce anche i simboli ed ecco che la Rosa, consacrata a Maria, diventa nel personificarla "il Fiore tra i Fiori" e assume il più importante tra i suoi significati nella simbologia medievale. Attraverso le metafore della tradizione biblica, dove nell'Eden il roseto rappresentava Eva e quindi il Peccato, a Maria, l'anti-Eva (non è casuale la salutazione "Ave Maria", dove il latino Ave è antipodo di Eva), viene dedicata una Rosa senza le spine, segno della fragilità e caducità dell'anima tentata dal peccato, e di colore bianco, indice di purezza, che sostituisce il vermiglio, colore della passione e della vergogna per il peccato commesso. La Rosa bianca, regina dei fiori, emblema della Vergine, Regina dei Cieli, indica la salvazione, la purezza, la devozione. Nel medioevo solo le vergini potevano indossare ghirlande di rose bianche, testimonianza della virtù mariana. Nella letteratura di lode e di preghiera la Vergine Maria viene invocata con appellativi quali "Rosa Mystica", "Rosa Fragrans", "Rosa Rubens", "Rosa Novella", fino a "Rosa das Rosas", Rosa tra le rose, superlativo di maestà della "Regina delle regine". Ma la Madre di Cristo è prima di tutto una madre: pietosa e misericordiosa, intercede presso Dio per tutti i suoi figli sofferenti nell'animo e nel corpo.
Questo aspetto di Maria artefice di salvezza fisica e spirituale, e nella mentalità medievale l'infermità era corollario del peccato, si trasferisce nell'uso della Rosa come talismano contro il male. Se nella medicina è adoperata in varie preparazioni per le sue qualità taumaturgiche, come cura per gli incubi, l'ansia, la vista, la rabbia (rosa canina), la superstizione e la devozione le attribuiscono poteri magici come la capacità di allontanare qualunque malattia: durante le pestilenze che spazzarono l'Europa si portavano indosso rose come presidio e amuleto contro il rischio del contagio. Con i petali di rosa si depurava l'aria e si disinfettava il vestiario.


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In vari autori compare l'enigmatico "Sanguis Rosaceus", il sangue color di Rosa, che ritroveremo nella mistica cristiana sul sangue salvifico del Redentore. Il Cristo è il "Filius Macrocosmi" dal cui fianco scorre questo Sangue Rosaceo, l'Acqua Eterica, equivalente alla Quintessenza del "Filius Microcosmi". E' questa l'Essenza Universale che tutte le trascende come il Cristo, unico e perfetto Salvatore degli uomini, Uomo e Dio al tempo stesso che sarà simbolizzato, se non identificato, con la Pietra Filosofale in un parallelismo che potrebbe avere contribuito a veicolare la mistica della Rosa nell'alchimia cristiana. La Rosa è, infatti, anche il simbolo della coppa che raccolse il sangue del Redentore, il Graal, mistico contenitore che per identificazione con il contenuto rappresenta parimenti il sangue del Cristo, il Cristo stesso e quindi il compimento dell'opera di salvazione tramite il martirio. Nelle agiografie medievali la santità del sacrificio supremo è spesso rappresentata dall'apparire di rose rosse. Compaiono ad esempio nel martirio di santa Dorotea o in quello di sant'Agnese, che, dopo l'esecuzione, a riprova della vera fede, torna dal Paradiso con un cesto di rose in pieno inverno. I martiri stessi sono, come ci testimonia Hildegarda von Bingen, "Flores Rosarum". Ma già la Rosa è trasmutazione del sangue: le gocce di sangue del Crocefisso sparse in terra si trasformano in rose e così avviene per quelle cadute dalle stimmate di san Francesco. Ma il martirio è anche strumento di purificazione e di rinascita. Il sangue del martirio è dunque anche sangue di redenzione, un sangue simbolico che ri-unisce e re-integra, il singolo come le moltitudini, sempre nel segno della Rosa, che già nella tradizione ebraica (la Rosa di Sharon del Cantico di Salomone) esprime la comunità dell'Israele spirituale, luogo della presenza divina nel mondo.

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Estratto (Gianfranco Russo)

26/08/2017 17:30
 
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Le Goff spiega il simbolismo medievale

Nel pensiero medievale, “ogni oggetto materiale era considerato come la figurazione di qualcosa che gli corrispondeva su un piano più elevato e che diventava così il suo simbolo”. Il simbolismo era universale, e il pensare era una continua scoperta di significati nascosti, una costante, “ierofania”. Poiché il mondo nascosto era un mondo sacro e il pensiero simbolico non era altro che la forma elaborata, decantata, al livello dei dotti, del pensiero magico nel quale si immergeva la mentalità comune. Senza dubbio amuleti, filtri, formule magiche, il cui uso e commercio erano molto diffusi, sono gli aspetti più grossolani di queste credenze e di queste pratiche. Ma reliquie, sacramenti, preghiere ne erano, per la massa, gli equivalenti autorizzati. Si trattava sempre di trovare le chiavi che forzavano quel mondo nascosto, il mondo vero e eterno, quello dove ci si poteva salvare. Gli atti di devozione erano atti simbolici con i quali si cercava di farsi riconoscere da Dio e obbligarlo a mantenere il contratto fatto con lui. Le formule di donazione con le quali i donatori facevano allusione al loro desiderio di salvarsi indicavano questo mercato magico che faceva di Dio l'obbligato del donatore costringendolo a salvarlo. Nello stesso modo il pensiero stava nel trovare le chiavi che aprivano le porte del mondo delle idee.

Anzi il simbolismo medievale cominciava al livello delle parole. Nominare una cosa era già spiegarla. Isidoro di Siviglia l'aveva detto e, dopo di lui, l'etimologia fiorisce nel Medioevo come una scienza fondamentale. Nominare è conoscere, è possedere le cose, le realtà. In medicina la diagnosi è già guarigione nel pronunciare il nome della malattia. Quando il vescovo o l'inquisitore ha potuto dichiarare un sospetto “eretico”, l'essenziale è fatto, il nemico è stato interpellato, smascherato. Le parole e le cose non si oppongono: le une sono i simboli delle altre. Se il linguaggio per gli intellettuali è un velo della realtà, è anche la chiave, lo strumento adeguato di questa realtà. “La lingua -dice Alano di Lilla -è la mano fedele della mente” e per Dante la parola è un segno totale che scopre la ragione e il senso: “rationale signum et sensuale”. [...]

Di più: il fondamento della pedagogia medievale è lo studio delle parole e del linguaggio, il trivium: grammatica, retorica, dialettica, il primo ciclo delle sette arti liberali. La base di ogni insegnamento, fino al termine del XII secolo almeno. è la grammatica. Per mezzo di questa si giunge a tutte le altre scienze e principalmente all'etica, che si sovrappone alle arti liberali e, in un certo qual modo, le riveste. (Viene sottolineata l'importanza della grammatica per gli intellettuali del Medioevo che si applicano molto allo studio del significato letterale e del senso figurato. mentre san Paolo diffidava della “lettera” a vantaggio dello “spirito”).

Un grande serbatoio di simboli è la natura. Gli elementi dei diversi ordini naturali sono gli alberi di questa foresta di simboli. Minerali, vegetali, animali sono tutti simboli anche se la tradizione si contenta di privilegiarne alcuni: fra i minerali le pietre preziose che colpiscono la sensibilità per il colore e evocano i miti della ricchezza, fra i vegetali le piante e i fiori citato nella Bibbia, fra gli animali le bestie esotiche, leggendarie e mostruose che solleticano il gusto medievale per lo stravagante. Lapidari, florari, bestiari dove sono catalogati e spiegati quei simboli sono in primo piano nella biblioteca ideale del Medioevo.

Pietre e fiori caricano il significato simbolico con le loro virtù benefiche o nefaste. Le pietre gialle o verdi, per omeopatia colorata, guariscono l'itterizia e le malattie del fegato; quelle rosse le emorragie e i flussi di sangue. La sardonica rossa significa il Cristo che sparge il suo sangue sulla croce per l'umanità, il berillo trasparente attraversato dal sole indica il cristiano illuminato dal Cristo. I florari sono affini agli erbari e introducono nel pensiero medievale il mondo dei “semplici”, delle ricette familiari e dei segreti delle erboristerie monastiche. Il grappolo di uva ricorda il Cristo, che ha dato il suo sangue per l'umanità, in un'immagine simboleggiata dal torchio mistico; la Madonna è rappresentata dall'olivo, il giglio, il mughetto, la violetta, la rosa. San Bernardo sottolinea che la Vergine è simboleggiata tanto dalla rosa bianca, che indica la vergini là, quanto dalla rosa rossa che rende sensibile la sua carità. La biondella, che ha il gambo quadrangolare, guarisce dalla febbre quartana; mentre la mela è il simbolo del male e la mandragora è afrodisiaca e demoniaca: quando la si strappa stride e chi la sente o muore o diventa pazzo. In questi due casi l'etimologia serve a chiarire i concetti per gli uomini del Medioevo: la mela è in latino malum, che significa anche il male, e la mandragora è il drago umano (mandrake in inglese).

Il mondo animale è soprattutto l'universo del male. Lo struzzo che depone le uova nella sabbia e dimentica di covarle è l'immagine del peccatore che dimentica i suoi doveri verso Dio, il caprone è il simbolo della lussuria, lo scorpione che punge con la sua coda è l'incarnazione della falsità e principalmente del popolo ebraico. Il simbolismo del cane è diretto in due sensi: la tradizione antica ne fa una rappresentazione dell'impurità, mentre la tendenza della società feudale lo riabilita come animale nobile, indispensabile compagno del signore nella caccia, simbolo della fedeltà, la più considerata fra le virtù feudali. Ma gli animali favolosi sono tutti satanici, vere immagini del Diavolo: aspide, basilisco, drago, grifo. Il leone e il liocorno sono ambigui. Simboli della forza e della purezza, possono anche essere quelli della violenza e dell'ipocrisia. Il liocorno d'altra parte si idealizza alla fine del Medioevo, quando diventa di moda e è immortalato nella serie delle tappezzerie con la Dama de1 Liocorno.

Il simbolismo medievale ha trovato) un campo di applicazione particolarmente vasto nella ricchissima liturgia cristiana, e prima di tutto nell'interpretazione stessa dell'architettura religiosa. Honorius Augustodunensis ha spiegato il senso dei due tipi principali di piante chiesastiche. Nei due casi: la pianta rotonda e la pianta a forma di croce, si tratta di un'immagine della perfezione. Che la chiesa rotonda sia l'immagine della perfezione circolare, si capisce facilmente. Ma non bisogna vedere nella pianta a croce solamente la figurazione della crocifissione del Cristo: è piuttosto la forma “ad quadratum” a immagine dei quattro punti cardinali e a sintesi dell'universo. Nei due casi la chiesa è microcosmo.
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